mercoledì 23 febbraio 2011

Guai a Boston, parte 2: La villa Cornwellis

Abbiamo oziato fino alla tarda mattinata in albergo, per recuperare energie dopo la notte di sacrilega attività, ma nel primo pomeriggio era già ora di rimettersi all'opera, anche perché l'albergo costava 3 dollari al giorno, e dunque non c'era tempo da perdere.

Del resto, non c'erano dubbi su quale dovesse essere la nostra prossima attività: visitati i Cornwellis defunti, si doveva passare ai vivi. Avevamo la netta sensazione che nella loro villa si celasse la chiave del mistero.

Mentre passeggiavamo con discrezione intorno alla villa, un ragazzino esce dalla casa, e finisce praticamente in braccio a Gustav, che prontamente approfitta della situazione per scoprire che il moccioso era il garzone del macellaio e che recapitava ogni settimana alla (così definita da lui) “gentilissima signora” dodici polli crudi.

Dato che la signora aveva queste credenziali di gentilissima, Gustav ha proposto di spacciarci per docenti universitari appena giunti a Boston interessati all'acquisto della villa. Non che fosse molto credibile, dato lo stato della villa, ma abbiamo deciso di provarci: alla peggio saremmo stati cacciati.

Invece, con nostro stupore, la vecchia, pur rifiutando la vendita, ci ha invitato dentro per un tè, e si è addirittura offerta di mostrarci la casa. Probabilmente soffriva di solitudine, dato che, come subito ci aveva riferito, viveva solo dalla morte di suo fratello, “lo stimato medico”. Ovviamente, abbiamo colto la palla al balzo.

La casa, che era stata costruita dal signor Cornwellis stesso, versava in uno stato di incuria tremenda. Già entrando avevamo notato un giardino incolto, con un pozzo in cattivo stato, e l'interno era sporco, disordinato, cadente. In cucina aleggiava un puzzo di carne andata a male. Presto sapremo se il tè ci ha intossicato.

Appena meglio era il piano superiore, dove c'erano quattro stanze: quella della vecchia, una seconda che abbiamo intravisto solo di sfuggita (ma sulla cui tappezzeria sembrava si fosse affilato le unghie un gatto vitaminizzato), le due camere dei defunti, tenute come reliquiari.

A questo punto, Gustav ha commesso un errore: insistere per entrare nella stanza del defunto signor Cornwellis.

D'improvviso, ogni cordialità è sparita dal volto della signora, che è diventata quasi minacciosa. Sakasà si è rapidamente accomiatato a nome di tutti, e appena fuori ci ha spiegato il perché: la pacifica anziana signora aveva in mano, seminascosto nelle ampie pieghe della gonna, un coltello pronto a pugnalarci!

Dovevamo tornare di notte, di soppiatto, e visitare meglio quelle stanze. Altri tre dollari di albergo sprecati.

Siamo arrivati alla casa a mezzanotte, e le luci ancora non erano spente. Abbiamo intravisto la signora uscire, gettare qualcosa nel pozzo, rincasare, e dopo dieci minuti tutte le luci erano spente. Dopo mezz'ora ci siamo mossi.

Avevamo diverse opzioni per ispezionare la casa senza turbare l'inquilina:

- agire in perfetto silenzio (evidentemente non ne saremmo stati in grado);

- addormentarla con il cloroformio (non era in vendita);

- soffocarla con un cuscino;

- spaccarle la testa con l'ascia di Dimitri.

Incapaci di decidere, ma propensi al cuscino, ci siamo mossi in parziale silenzio. Abbiamo forzato la porta del retro, siamo scivolati in cucina, e poi su per le scale, fino alla stanza della vecchia.

Alla fine abbiamo dovuto usare l'ascia.

La padrona di casa ci aspettava con i coltello sguainato, Dimitri, che era davanti, ha posto fine alle sue sofferenze terrene e alla sua solitudine.

Ora avevamo tutto il tempo di esaminare la casa.

Guai a Boston, parte 1: La cripta

Evidentemente, Von Castellan aveva capito che la situazione a Boston si sarebbe fatta dura: tre ore dopo la nostra relazione sugli eventi, ci si presenta un nuovo collaboratore: l'esperto Sakasà Sabà ha dimostrato subito di essere anche fortunato, visto che ci ha incrociati proprio sulla porta dell'albergo, mentre ci avviavamo a compiere un passo importante della nostra ricerca.

Dieci minuti più tardi e avrebbe dovuto cercarci direttamente al cimitero.

Avevamo, infatti, sentito versioni assai contrastanti sulla morte dei Cornwellis, e a dire il vero non del tutto convincenti. Ci stavamo chiedendo come saperne di più, quando il nostro Dimitri si è illuminato:

“Io ho sempre con me, sul camion, tutto il necessario per profanare le tombe!”

Un rapido sopralluogo al cimitero di Boston ci ha permesso di individuare la cripta familiare dei Cornwellis e di appurare che la sorveglianza era decisamente limitata: una guardia che girava attorno al lungo muro perimetrale, e solo perché, anni addietro, qualcuno aveva cercato di aprire proprio la tomba di Cornwellis per girarlo, secondo una antica pratica per impedire agli stregoni di risorgere. Ma era stato fermato.

Ma noi non saremmo stati altrettanto stolti.

A mezzanotte, verificata la posizione del guardiano, abbiamo scavalcato il muro, e dopo quattro ore di ricerca sotto la pioggia eravamo di fronte alla tomba giusta. Forse avremmo dovuto prendere dei riferimenti più precisi, durante il giorno.

Ad ogni modo, le tenebre erano ancora fitte, e siamo scivolati agevolmente nel sepolcro. Abbiamo aperto la tomba della signora Cornwellis: il cadavere era quasi decomposto, ma si vedeva ancora il proiettile che l'aveva uccisa, come riportato dai giornali dell'epoca.

La prima sorpresa ci è stata regalata dal di lei defunto consorte: sul cadavere rinsecchito si vedevano ancora i segni di un colpo da arma da taglio (un coltello?) che gli aveva squarciato la cassa toracica. E di questa violenza i giornali non avevano riportato nulla.

La maggior rivelazione, però, doveva venire dalla piccola tomba del bambino: era vuota e mai utilizzata. Eppure, secondo le cronache, era morto a pochi mesi, e dal suo trapasso erano iniziati i problemi familiari.

Rivoltato il cadavere di Cornwellis per prudenza, scattate le foto, avremmo voluto rimettere tutto a posto, ma la stanchezza ci ha giocato brutto scherzo: una lastra di marmo ci è caduta, spezzandosi con uno schianto che è rimbombato per tutta la cripta come una tromba del giudizio, e che certo avrebbe richiamato l'attenzione del guardiano.

Siamo fuggiti rapidi, Dimitri ci ha aiutato a scavalcare il muro e siamo tornati in albergo.

Il giorno dopo eravamo sul Boston Globe, come ancora sconosciuti profanatori della tomba di Cornwellis. Nessun cenno al cadavere mancante del bambino.

martedì 15 febbraio 2011

Il mistero di Boston

Quattro settimane dopo.

Ho studiato per quattro settimane i Manoscritti Pnakotici, e probabilmente li dovrò rileggere perché non ho capito nulla. Il mio assistente ha finito di correggere le prove di esame, e si è licenziato: lavoro troppo stressante, ha dichiarato.

L'avrei licenziato io, comunque: quel disgraziato ha bocciato l'89% dei candidati, che si presenteranno tutti al prossimo appello. Altre 110 prove da correggere, più i nuovi.

A Boston, però, si stava consumando una tragedia ancora peggiore, prevista da Paul, che, ora ricoverato a casa, ci aveva fatto avere alcune cassette da lui registrate, in cui ripeteva di bestie che avrebbero ucciso bambini.

E i bambini hanno cominciato a morire davvero.

A Boston, per la precisione: tre morti, a distanza di due giorni l'uno dall'altro. La solerte polizia aveva già la soluzione in mano: chiedere ai genitori di non far uscire i ragazzini da soli la notte. In fondo, erano tre figli delle classi più disagiate, perché preoccuparsi tanto?

Fortunatamente, il nostro Von Castellan non la pensava così, e si è presentato in Sala docenti con tre biglietti per Boston: da New York non si poteva certo indagare.

Non che si preoccupasse dei bimbi poveri, secondo me, ma la questione puzzava di orrori misteriosi.

Io e Gustav ci siamo precipitati al Globe di Boston, dove il francesino era conosciuto. Si è stupito lui stesso che lì sapessero di chi si trattava, comunque ci hanno fatto parlare con il cronista che aveva curato gli articoli sulla questione, e abbiamo scoperto una circostanza che confermava i nostri sospetti: sul luogo di uno dei delitti era stata scoperta una strana scia di bava, che (seguita da un testimone) portava sino al muro della villa di Cornwellis.

La questione mi intrigava, e con una rapida ricerca negli archivi ho scoperto che tale villa era già stata sede, trentacinque anni prima, di una storia inquietante: il proprietario aveva ucciso la moglie, a un mese dalla morte del figlio. E, in quel periodo, erano stati assassinati altri tre bambini.

Non ci voleva un genio per cogliere un nesso, ma evidentemente la polizia di Boston non era composta da geni, visto che avevano deciso di ignorare completamente la pista che portava alla villa, come abbiamo scoperto quando ci siamo recati al Commissariato, insieme a Dimitri, che ci aveva raggiunto in camion con l'equipaggiamento.

L'agente con il quale abbiamo parlato è stato assai sgarbato, solo un'arringa sul diritto di informazione tenuta da Paul, particolarmente acceso, lo ha indotto a fornirci alcuni particolari: i corpi dei bimbi erano stati ritrovati in condizioni terribili, e non c'erano piste verosimili. La scia chimica era di fatto stata ignorata.

Poliziotti stupidi, superficiali, spaventati dall'ignoto o collusi con i lumaconi assassini?

di Jacopo de Medici

lunedì 14 febbraio 2011

Il salvataggio

Quando crei un piano perfetto, puoi essere certo che qualcosa andrà storto. A volte verrebbe proprio voglia di limitarsi all'uso più brutale della violenza, che però ha una controindicazione: la vittima della violenza potresti essere tu.

Io, Dimitri e Gustav (quando si è ripreso dal terrore della comparsa dell'Ithiano) ne avevamo uno audace e astuto allo stesso tempo. Durante la nostra visita notturna all'ufficio di Herbert, avevamo scoperto che era stato minacciato dai mafiosi di Baxter, tra i più violenti della zona, per non aver pagato “un servizio” non meglio identificato. Le nostri menti vi hanno lavorato per tutta la notte, e alla fine abbiamo convenuto che potesse riguardare la scomparsa di Paul.

Una notte nei bassifondi, passata a raccogliere informazioni, non ha fruttato molto più di qualche buon drink analcolico (o almeno così dichiarava il barista dall'occhiolino facile) e un caldo consiglio a non interagire direttamente con Baxter, uno dei più violenti malavitosi della zona.

Dovevamo strizzare un po' di informazioni a Herbert, ma con le buone non ci avrebbe mai rivelato nulla.

Un buon malavitoso si veste elegantemente, ma sotto il cappotto tiene armi da fuoco. All'occorrenza, si copre il volto.

Non era un travestimento difficile, e la sera ci siamo avviati verso la casa dove Herbert viveva solo, con l'intenzione di spacciarci per scagnozzi di Baxter, picchiarlo (in fondo era stato scortese con noi quando eravamo andati a trovarlo) e minacciarlo con parole vaghe, incalzandolo con frasi tipo “non sei soddisfatto del nostro lavoro? Cosa c'è che non ti è andato?”, per scoprire qualcosa. Contavamo che temesse una visita dei mafiosi.

Ma non avevamo considerato appieno la possibilità che avesse un buon motivo per temere gli uomini di Baxter: quando siamo arrivati all'appartamento del malcapitato procuratore, abbiamo trovato la porta aperta, e lui delirava, sfigurato, nel suo stesso sangue. Era stato pesantemente malmenato. Molto più di quanto non avremmo fatto noi.

Nessuno di noi ha la vera stoffa del malavitoso, comunque ci si possa vestire.

Non siamo, però, così mammolette da prestare aiuto allo sventurato (che, comunque, non era in pericolo di vita e si vedeva benissimo: tre settimane di ospedale e sarebbe stato come nuovo) senza prima perquisire l'appartamento. Io e Gustav ci abbiamo dato dentro, mentre Dimitri sorvegliava la porta con in pugno il fucile a pompa.

Bingo! Abbiamo trovato fatture per il ricovero di un certo Paulie Meldon presso un sanatorio per le malattie della mente, da pagare a partire dal giorno del rapimento di Paul Lemonde.

Herbert sarà senza dubbio un buon procuratore, ma non è un genio creativo nell'inventare nomi falsi.

Ci siamo precipitati alla clinica (non prima di chiamare un'ambulanza per Herbert, in segno di riconoscenza per l'ospitalità) per verificare che Meldon fosse proprio Lemonde, e non dare una delusione a mammina portandola lì senza certezze.

Una volta giunti, è venuto fuori che non potevamo vedere Paul. In verità, l'infermiera non voleva nemmeno confermaci la presenza di un ospite registrato a quel nome, e se non fosse entrata in azione la seducente barbetta francese di Gustav probabilmente avremmo ancora il dubbio.

Ma nemmeno l'arte amatoria transalpina poteva vincere le regole della riservatezza della clinica: solo Herbert aveva l'autorizzazione a vederlo. Io ho cominciato a piangere raccontando della mamma in pena.

In Italia avrebbe funzionato, ma questi dannati americani non hanno rispetto per il cuore di mamma! Gentaglia.

Alla fine è arrivato anche uno dei responsabili della clinica, e Dimitri ha cominciato a bersagliarlo con un'arringa da avvocato sostenendo che si trattava di sottrazione di persona, che avremmo potuto denunciare la clinica, fino a quando siamo stati condotti da Paul.

Era davvero Paul, e per fortuna era pazzo davvero.

Almeno, pazzo abbastanza da credere che il nostro francesino fosse il suo vecchio amico Rodgers, raccontandogli tutta la storia: il rapimento era stato inscenato da Herbert, all'unico scopo di permettergli di curarsi e riposarsi in quel sanatorio, dopo che le sue condizioni di stress si erano aggravate – anche perché Vilma, la gran millantatrice di amori inesistenti, lo aveva lasciato. Non abbiamo faticato a convincerlo a tornare dalla mamma, facendo leva sulla sua nostalgia e bisogno di affetto.

Purtroppo, dei 2000 dollari di ricompensa, Von Castellan si è tenuto il 40% come commissione.

Al mio ritorno in Università, ho scoperto che il mio assistente non aveva corretto che dieci prove di esame. Avrei voluto aiutarlo, ma sono stato costretto a dedicarmi notte e giorno allo studio dei Manoscritti Pnakotici. Se va bene, me la sbrigherò in quattro settimane.

di Jacopo de Medici

Boston

Un pò di Storia di Boston...

Il nome originario della città era Trimountain, dai suoi tre colli, in seguito fu chiamata Boston dall'omonima città inglese. Fu fondata nel 1630 dai coloni puritani inglesi, in fuga dalle persecuzioni della madre patria e guidati da John Winthrop. Divenne colonia sei anni più tardi, nel 1636, con il nome di Massachusetts Bay. Fu subito un centro culturale importante; nel 1634 fu fondata la Boston Latin School, ancora oggi un esclusivo liceo pubblico. Per i suoi laureati fu fondata 1636 l'Harvard University, famosa e prestigiosa università situata nella contigua Cambridge, l'università con il più grande patrimonio al mondo, attualmente circa USD34 miliardi. Nel 1653 aprì a Boston la prima biblioteca pubblica e nel 1704 uscì il News-Letter, il primo giornale delle Tredici Colonie. Boston ebbe sempre un ruolo importante nella storia del paese dai tempi delle colonie, ed è qui che ebbero origine le lotte per l'indipendenza. Il Boston Tea Party passò alla storia come il primo atto di ribellione nei confronti dell'Inghilterra. Il governo britannico infatti nel 1773 affidò, con una sorta di monopolio, il commercio del tè alla Compagnia Inglese delle Indie Orientali, ma con le tasse imposte era decisamente più costoso rispetto a quello che proveniva direttamente dall'India. Il 16 dicembre 1773, un gruppo di appartenenti ai "Figli della Libertà", travestiti da pellerossa, assaltò nel porto di Boston tre navi della Compagnia delle Indie, e gettò in mare le casse di tè che erano stivate a bordo. Verso la fine del XIX secolo lo sviluppo di altre città costiere e l'espansione verso Ovest, nonché lo spostamento delle fabbriche verso il sud alla ricerca di manodopera a buon mercato, arrestarono l'espansione non solo di Boston ma di tutta la regione del New England. Sempre in questo periodo, in seguito ad una carestia che colpì l'Irlanda, arrivarono nella regione migliaia di immigrati, che si stabilirono soprattutto a Boston, mutando l'assetto etnico ed economico della città. I nuovi arrivati furono ben presto raggiunti da altri immigrati provenienti dall'Italia e dal Portogallo . L'immigrazione ora proviene dall'America Latina (nota la comunità brasiliana con la più grande concentrazione negli USA), dal Sud-Est Asiatico (Vietnam e Cambogia) tra altre nazioni. Nel 1919 la città fu sede di una delle più singolari catastrofi del XX secolo, quando in seguito alla rottura di un serbatoio di melassa numerose strade della città furono inondate da quel liquido viscoso. L'evento, che provocò la morte di 21 persone e il ferimento di 150 è passato alla storia come lo Tsunami di melassa di Boston. Ad East Boston, quartiere popolare della città, c'è un colle che si chiama Orient Heights e che fu la destinazione dei primi immigranti italiani (gli anni 1860), abruzzesi ed avellinesi. Il centro statunitense dell'ordine Don Orione si trova ad Orient Heights, con un santuario ed una statua famosa della Madonna. Anche oggi Orient Height è la zona di Boston più ricca di italofoni. Dopo Orient Heights, il North End è la zona che è più vicina al concetto di una "Piccola Italia", con molti ristoranti anche se recentemente la vita culinaria è diventata più variata e diffusa in tutta la città, soprattutto nei quartieri benestanti di Back Bay e del South End. Nonostante l'esistenza di zone di una certa concentrazione di italiani oggi rimangono pochi emigrati italiani e la maggior parte degli italo-americani sono già assimilati.


Polpi volanti

Descrizione

Lovecraft, ne L'ombra calata dal tempo, così descrive queste creature:

[I polpi volanti erano] un'orribile razza antica dalle sembianze di polpi, entità totalmente aliene...Erano fatti solo in parte di materia e potevano fluttuare nell'aria, sebbene privi di ali...[Esibivano] una mostruosa plasticità...alle volte diventavano invisibili (H.P. Lovecraft, H.P. Lovecraft, tutti i racconti 1931-1936, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1991)

Informazioni Generali

I loro sensi non includono la vista e sono solo parzialmente composti di materia, anche se non possono passare attraverso i corpi solidi. Sono creature molto resistenti e solo delle forti scariche di energia elettrica possono ferirli o distruggerli. Le loro menti sono così strane che la Grande Razza di Yith non può effettuare trasferimenti psichici con loro. Possono galleggiare nell'aria anche se sono sprovvisti di ali o altri visibili strumenti per il volo, e lasciano enormi impronte quando si muovono sul terreno. I loro corpi amorfi possono diventare invisibili. In battaglia, utilizzano la loro capacità di controllare e indirizzare il vento come arma di offesa e difesa. S.T.Joshi suggerisce che questi esseri, oltre a Nettuno, popolavano anche i pianeti di Yuggoth(Plutone), Yaksh e Tond. Giunti sulla Terra, edificarono delle città di basalto con alte torri prive di finestre. Quando tentarono di conquistare gli oceani, i polpi vennero respinti dai Grandi Antichi; di conseguenza, si limitarono a colonizzare la superficie del pianeta. Quando la Grande Razza di Yith giunse sulla Terra, combatté contro i polpi e li obbligò a rifugarsi nel sottosuolo. La grande razza di Yith sigillò gli ingressi delle dimore sotterranee dei polpi con trappole di vario tipo. Le loro grandiose città di basalto non vennero però demolite, forse per non dimenticare mai l'orrore che si celava sotto la crosta terrestre. Alla fine del Cretaceo (approssimativamente 50 milioni di anni fa), i polpi riuscirono a liberarsi e sterminarono la Grande Razza, tornando subito a vivere nel sottosuolo, in cui avevano trovato un habitat ideale.

da Wikipedia

mercoledì 9 febbraio 2011

Il sognatore

“Non potrei appioppare tutto a un assistente?”, mi chiedevo in sala professori, di fronte alla pila delle centoventitre maledette prove di esame da correggere. Non ne avevo nessuna voglia, ma la mia deontologia mi impediva di delegare senza un buon motivo.

Improvvisamente, il buon motivo fece capolino dalla porta, nelle vesti di Gustav, il nostro paparazzo:

“Ehi, è sparito Paul LeMound, il medium. Il capo ci vuole subito operativi”.

Con un sospiro di sollievo, scrissi un biglietto per il mio assistente Garry, spiegando che ordini superiori mi impedivano di correggere le 123 prove, che gli lasciavo nel cassetto, da consegnare per lunedì, e mi mossi verso l'ufficio di Von Castellan.

Paul LeMound era un pezzo grosso, la sua sparizione mi era nota: di quei tempi, a New York, era senza dubbio il medium più quotato, e i giornali avevano riportato la sua scomparsa, qualcuno con toni drammatici, gli idioti razionalisti che non crederebbero nemmeno all'esistenza di un mostro tentacoluto se si presentasse per il thé, erano invece quasi ironici perché Paul non aveva previsto che gli sarebbe successo qualcosa di brutto.

Ciò che ignoravo era che Von Castellan lo conoscesse, ma avrei dovuto immaginarlo: c'è qualche posto in cui non abbia le mani in pasta?

Due ore dopo io, Dimitri e Gustav eravamo da Irene, la vecchia, truccatissima madre di Paul, che sembrava genuinamente preoccupata per suo figlio, e (manco a dirlo) ha sparlato di Velma, la fidanzata del figlio e del suo manager, Herbert. Comunque, ci ha dato alcune informazioni utili, e soprattutto le chiavi e un permesso per visitare la casa del figlio, nonché una sua lettera, trovata in casa, e un diario di adolescente. La lettera parlava di un uomo turbato, e con strane visioni di un mondo preistorico, che ricordavano i sogni da adolescente descritti nel diario: Paul si percepiva come un essere enorme e alieno in un mondo preistorico.

Per curarsi era stato ricoverato, e sembrava guarito, ma di recente i sogni erano ricominciati.

Dopo la madre, siamo andati da Velma, un'attricetta da due soldi che non era nemmeno in grado di simulare per bene la sua disperazione. Diceva di essere afflitta, ma mi sa che aveva ragione Irene a dire che stava con Paul più che altro per sfruttarlo. Comunque, era un bell'esemplare di mammifera.

Secondo lei, tutto con Paul filava liscio, ma il nostro segugio le ha mostrato la lettera in cui Paul scriveva il contrario, e lei ci ha cacciato.

Abbiamo ancora visitato casa di Paul, senza grande costrutto, e anche la visita di Herbert, alquanto scostante, è stata poco costruttiva. O meglio, lo sarebbe stata se non ci fossimo ingegnati.

Tanto per cominciare, Gustav ha quasi sedotto la segretaria, dandole appuntamento all'uscita dal lavoro. Mentre attendevamo il momento, ci ha fermati un sedicente e poco credibile agente assicurativo che voleva carpirci informazioni, ma abbiamo notato subito la sua barba posticcia: Dimitri l'ha seguito di nascosto, mentre io mi sono dato da fare per scoprire i risultati sportivi del giorno.

Beh, di nascosto per qualche minuto, poi quello ha cominciato a dare segnali di accorgersi di essere seguito e di non gradire la cosa: nello specifico, ha tirato un bidone e sparato tre proiettili contro Dimitri, che non l'ha presa bene e l'ha ucciso. Già che c'era, l'ha anche ripulito di chiavi, soldi e documenti: era Rodgers, un vecchio amico di Paul, con il quale lo scomparso aveva condiviso un viaggio in Asia di otto anni, in gioventù.

Mentre Gustav si vedeva con la segretaria, la quale descriveva Herbert come un brav'uomo teso per via di certe minacce, io e Dimitri abbiamo inscenato un furto, scoprendo che Herbert era veramente malmesso dal punto di vista economico, ed aveva tre o quattro polizze di assicurazione sulla vita di Paul (che però era il suo unico assistito redditizio – e si prendeva il 50% dei guadagni).

Per finire la serata criminale, siamo penetrati anche nella casa di Rodgers, dove abbiamo trovato un buon numero di libri da ricerca, alcuni appunti, ma soprattutto una specie di proiettore e un libro preziosissimo ed antico: i Manoscritti Pnakotici, di cui si conoscono solo cinque copie, che si ritenevano perdute, e che parla dei tempi preistorici. Non sono ancora riuscito a leggerlo. Non ne ho avuto il tempo: appena arrivati in Università, Dimitri ha attivato il proiettore, ed è comparso una specie di enorme cono con le chele. O così mi hanno detto: io sono svenuto, Gustav ha dato di matto per un po'.

Solo Dimitri ha guardato un po' il cono, che lo ha guardato perplesso, poi è sparito.

Era un Yith.

Brutta bestia.

E, dal diario di Rogers, era chiaro: gli Yith stanno cercando Paul, e volevano che fosse Rogers a trovarlo.

In quel momento, non mi sarebbe poi dispiaciuto essere davanti alle mie centoventitre prove di esame da correggere.

di Jacopo de Medici

domenica 6 febbraio 2011

Razza di Yith


Informazioni generali
Tali creature vivono fuori dalle nostre normali concezioni di spazio e tempo. Possono risiedere praticamente ovunque, in qualsiasi luogo e in qualsiasi epoca, ma per sopravvivere devono possedere un corpo, almeno per un certo periodo di eoni. Quando si verifica queste necessità, le menti più alte e meritevoli hanno il privilegio di spostarsi in massa ad occupare una qualsiasi razza delle normali regioni tridimensionali. Quando queste entità raggiungono la razza da loro scelta, si fondono con essa, convincendola dell'assoluta necessità della loro venuta e meravigliandola delle possenti conoscenze con cui potrà entrare in contatto. In questo modo, la razza di Yith riesce ad accrescere sempre di più il suo bagaglio culturale e riceve ispirazioni per la propria evoluzione artistica e tecnica.

Fisionomia
L'aspetto che gli appartenenti alla razza di Yith assumono di fronte agli esseri umani è quella di strane creature iridescenti. Hanno la forma di uno pseudo-cono alto tre metri rivestito di una materia elastica e squamosa. Dall' apice del cono si proiettano quattro membra cilindriche che si concludono con degli artigli, delle chele o dei tentacoli, tranne l'ultima che termina con uno strano globo giallastro su cui compaiono tre occhi di diversa colorazione.

Comportamento
Tra tutte le razze dei miti di Cthulhu, questa è senza dubbio quella più enigmatica. Non è chiaro se tali creature siano benevole o malvagie (anche se la prima ipotesi sembrerebbe la più accreditata), ma è risaputo che sono una delle razze più potenti, al pari delle mostruosità senza forma che servono Yog-Sothoth, il tirannico dio con cui la razza di Yith è spesso entrata in conflitto.

mercoledì 2 febbraio 2011

Le 10 regole dell'investigatore


Eccovi di seguito le 10 regole dell'investigatore, spudoratamente copiate dal manuale dell'investigatore edito dalla Chaosium:

1) Mantenere il segreto
"Vi furono opinioni contrastanti se avvisare la Polizia di Stao del Massachusetts, ma alla fine prevalse la tesi contraria" (H.P.Lovercraft, L'Orrore di Dunwich)
2) Restare uniti
"Anche se sei un vampiro, sei sempre mio fratello" (da "Ragazzi perduti")
3) Agite in fretta e pentitevi subito dopo
" Quando la gireremo, bruciatelo fino a ridurlo in cenere" ( da "Il ritorno dei morti viventi")
4) Non agite MAI senza un piano
"Lancilotto, Gahalad ed io salteremo addosso al coniglio..." ( da "Monty Pithon e il Santo Graal")
5) Esplorazione preventiva
" La casa ha una cantina?" (da "Re-Animator")
6) Le armi da fuoco sono l'ultima spiaggia
" E cosa dobbiamo usare, parolacce?" (da "Aliens")
7) Conoscenza del nemico
"Voglio misurare le impronte del morso. Forse potremmo capire con cosa diavolo abbiamo a che fare" (da "Creepshow")
8) Le cose non sono sempre ciò che sembrano
" io non bevo mai... vino!" (da "Dracula")
9) Non mollate mai
" Talvolta, sull'orlo del successo, esitavo; ma disperatamente mi aggrappavo sempre alla speranza che il giorno dopo, o addirittura dopo poche ore, ce l'avrei fatta" (Mary Shelley, "Frankestein")
10) Siate sempre pronti
" Gente normale: non risputa i proittili quando gli sparate" (da "Neardark")

martedì 1 febbraio 2011

Frantz von Castellan

Nato a Berlino nel 1881, uomo colto è molto, molto impulsivo. Le sue decisioni sono sempre apprezzate dai colleghi e la sua opinione tenuta in gran considerazione dalle persone che lo circondano. Spesso può sembrare che non sopporti E. Gutierrez, ma probabilmente si tratta solo di apparenza. Saggio all’inverosimile, privo di remore e sempre pronto all’azione, queste sono le caratteristiche che lo rendono un leader naturale; in più la sua smoderata ricchezza e conoscenza arcana lo aiutano nella maggioranza delle situazioni. Da quando ha scoperto di possedere anche una sorta di poteri divinatori, che però non riesce a controllare, ha raggiunto una completa consapevolezza di se stesso. Di nobili origini, ha il titolo di barone, combatte nella Grande Guerra, prima sul fronte orientale e poi su quello occidentale con il grado di capitano. La sua unità di fanteria si copre di gloria in tantissimi assalti, ma nonostante questo la guerra è persa. Giunto a New York per insediarsi in una cattedra di storia nella suddetta città da il vita alla mitica fondazione von Castellan. Un’ultima chicca è sicuramente l’aver inventato una punizione terribile con il quale punire eventuali prigionieri che non vogliono collaborare: il Re della montagna.